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Sacrosanctum Concilium (I Parte)

Ultimo Aggiornamento: 29/11/2008 15:39
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29/11/2008 15:39

Costituzione sulla Sacra Liturgia
PAOLO VESCOVO SERVO DEI SERVI DI DIO
UNITAMENTE AI PADRI DEL SACRO CONCILIO
A PERPETUA MEMORIA

SACROSANCTUM CONCILIUM

COSTITUZIONE SULLA SACRA LITURGIA

4 dicembre 1963

PROEMIO
1. Il sacro Concilio si propone di far crescere ogni giorno più la vita cristiana tra i fedeli; di meglio adattare alle esigenze del nostro tempo quelle istituzioni che sono soggette a mutamenti; di favorire ciò che può contribuire all'unione di tutti i credenti in Cristo; di rinvigorire ciò che giova a chiamare tutti nel seno della Chiesa. Ritiene quindi di doversi occupare in modo speciale anche della riforma e della promozione della liturgia.

La liturgia nel mistero della Chiesa
2. La liturgia infatti, mediante la quale, specialmente nel divino sacrificio dell'eucaristia, «si attua l'opera della nostra redenzione» [1], contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa. Questa ha infatti la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile ma dotata di realtà invisibili, fervente nell'azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina; tutto questo in modo tale, però, che ciò che in essa è umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile all'invisibile, l'azione alla contemplazione, la realtà presente alla città futura, verso la quale siamo incamminati [2]. In tal modo la liturgia, mentre ogni giorno edifica quelli che sono nella Chiesa per farne un tempio santo nel Signore, un'abitazione di Dio nello Spirito [3], fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo [4] , nello stesso tempo e in modo mirabile fortifica le loro energie perché possano predicare il Cristo. Così a coloro che sono fuori essa mostra la Chiesa, come vessillo innalzato di fronte alle nazioni [5], sotto il quale i figli di Dio dispersi possano raccogliersi [6] , finché ci sia un solo ovile e un solo pastore [7].

Liturgia e riti
3. Il sacro Concilio ritiene perciò opportuno richiamare i seguenti principi riguardanti la promozione e la riforma della liturgia e stabilire delle norme per attuarli. Fra queste norme e questi principi parecchi possono e devono essere applicati sia al rito romano sia agli altri riti, benché le norme pratiche che seguono debbano intendersi come riguardanti il solo rito romano, a meno che si tratti di cose che per la loro stessa natura si riferiscono anche ad altri riti.

Stima per i riti riconosciuti
4. Infine il sacro Concilio, obbedendo fedelmente alla tradizione, dichiara che la santa madre Chiesa considera come uguali in diritto e in dignità tutti i riti legittimamente riconosciuti; vuole che in avvenire essi siano conservati e in ogni modo incrementati; desidera infine che, ove sia necessario, siano riveduti integralmente con prudenza nello spirito della sana tradizione e venga loro dato nuovo vigore, come richiedono le circostanze e le necessità del nostro tempo.

CAPITOLO I
PRINCIPI GENERALI PER LA RIFORMA E LA
PROMOZIONE DELLA SACRA LITURGIA
I. Natura della sacra liturgia e sua importanza nella vita della Chiesa

5. Dio, il quale «vuole che tutti gli uomini si salvino e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4), «dopo avere a più riprese e in più modi parlato un tempo ai padri per mezzo dei profeti» (Eb 1,1), quando venne la pienezza dei tempi, mandò il suo Figlio, Verbo fatto carne, unto dallo Spirito Santo, ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti [8], « medico di carne e di spirito » [9], mediatore tra Dio e gli uomini [10]. Infatti la sua umanità, nell'unità della persona del Verbo, fu strumento della nostra salvezza. Per questo motivo in Cristo « avvenne la nostra perfetta riconciliazione con Dio ormai placato e ci fu data la pienezza del culto divino » [11]. Quest'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dell'Antico Testamento, è stata compiuta da Cristo Signore principalmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione, mistero col quale « morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ha restaurato la vita» [12]. Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa [13].

La liturgia attua l'opera della salvezza propria della Chiesa
6. Pertanto, come il Cristo fu inviato dal Padre, così anch'egli ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo. Essi, predicando il Vangelo a tutti gli uomini [14] , non dovevano limitarsi ad annunciare che il Figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana [15] e dalla morte e ci ha trasferiti nel regno del Padre, bensì dovevano anche attuare l'opera di salvezza che annunziavano, mediante il sacrificio e i sacramenti attorno ai quali gravita tutta la vita liturgica. Così, mediante il battesimo, gli uomini vengono inseriti nel mistero pasquale di Cristo: con lui morti, sepolti e risuscitati [16], ricevono lo Spirito dei figli adottivi, «che ci fa esclamare: Abba, Padre» (Rm 8,15), e diventano quei veri adoratori che il Padre ricerca [17]. Allo stesso modo, ogni volta che essi mangiano la cena del Signore, ne proclamano la morte fino a quando egli verrà [18]. Perciò, proprio nel giorno di Pentecoste, che segnò la manifestazione della Chiesa al mondo, «quelli che accolsero la parola di Pietro furono battezzati » ed erano « assidui all'insegnamento degli apostoli, alla comunione fraterna nella frazione del pane e alla preghiera... lodando insieme Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo » (At 2,41-42,47). Da allora la Chiesa mai tralasciò di riunirsi in assemblea per celebrare il mistero pasquale: leggendo « in tutte le Scritture ciò che lo riguardava» (Lc 24,27), celebrando l'eucaristia, nella quale « vengono resi presenti la vittoria e il trionfo della sua morte » [19] e rendendo grazie «a Dio per il suo dono ineffabile» (2 Cor 9,15) nel Cristo Gesù, «a lode della sua gloria» (Ef 1,12), per virtù dello Spirito Santo.

Cristo è presente nella liturgia
7. Per realizzare un'opera così grande, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, « offertosi una volta sulla croce [20], offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti », sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza [21]. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso:
« Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro » (Mt 18,20).
Effettivamente per il compimento di quest'opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale l'invoca come suo Signore e per mezzo di lui rende il culto all'eterno Padre. Giustamente perciò la liturgia è considerata come l'esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa, la santificazione dell'uomo è significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno di essi; in essa il culto pubblico integrale è esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa ne uguaglia l'efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado.

Liturgia terrena e liturgia celeste
8. Nella liturgia terrena noi partecipiamo per anticipazione alla liturgia celeste che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede alla destra di Dio [22] quale ministro del santuario e del vero tabernacolo; insieme con tutte le schiere delle milizie celesti cantiamo al Signore l'inno di gloria; ricordando con venerazione i santi, speriamo di aver parte con essi; aspettiamo come Salvatore il Signore nostro Gesù Cristo, fino a quando egli comparirà, egli che è la nostra vita, e noi saremo manifestati con lui nella gloria [23].

La liturgia non esaurisce l'azione della Chiesa
9. La sacra liturgia non esaurisce tutta l'azione della Chiesa. Infatti, prima che gli uomini possano accostarsi alla liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede e alla conversione: «Come potrebbero invocare colui nel quale non hanno creduto? E come potrebbero credere in colui che non hanno udito? E come lo potrebbero udire senza chi predichi? E come predicherebbero senza essere stati mandati?» (Rm 10,14-15). Per questo motivo la Chiesa annunzia il messaggio della salvezza a coloro che ancora non credono, affinché tutti gli uomini conoscano l'unico vero Dio e il suo inviato, Gesù Cristo, e cambino la loro condotta facendo penitenza [24]. Ai credenti poi essa ha sempre il dovere di predicare la fede e la penitenza; deve inoltre disporli ai sacramenti, insegnar loro ad osservare tutto ciò che Cristo ha comandato [25], ed incitarli a tutte le opere di carità, di pietà e di apostolato, per manifestare attraverso queste opere che i seguaci di Cristo, pur non essendo di questo mondo, sono tuttavia la luce del mondo e rendono gloria al Padre dinanzi agli uomini.

... ma ne è il culmine e la fonte
10. Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia. Il lavoro apostolico, infatti, è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore. A sua volta, la liturgia spinge i fedeli, nutriti dei « sacramenti pasquali », a vivere « in perfetta unione » [26]; prega affinché « esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede » [27]; la rinnovazione poi dell'alleanza di Dio con gli uomini nell'eucaristia introduce i fedeli nella pressante carità di Cristo e li infiamma con essa. Dalla liturgia, dunque, e particolarmente dall'eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia quella santificazione degli uomini nel Cristo e quella glorificazione di Dio, alla quale tendono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa.

Necessità delle disposizioni personali
11. Ad ottenere però questa piena efficacia, è necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con retta disposizione d'animo, armonizzino la loro mente con le parole che pronunziano e cooperino con la grazia divina per non riceverla invano [28]. Perciò i pastori di anime devono vigilare attenta mente che nell'azione liturgica non solo siano osservate le leggi che rendono possibile una celebrazione valida e lecita, ma che i fedeli vi prendano parte in modo consapevole, attivo e fruttuoso.

Liturgia e preghiera personale
12. La vita spirituale tuttavia non si esaurisce nella partecipazione alla sola liturgia Il cristiano, infatti, benché chiamato alla preghiera in comune, è sempre tenuto a entrare nella propria stanza per pregare il Padre in segreto [29]; anzi, secondo l'insegnamento dell'Apostolo [30], è tenuto a pregare incessantemente. L'Apostolo ci insegna anche a portare continuamente nel nostro corpo i patimenti di Gesù morente, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale [31]. Per questo nel sacrificio della messa preghiamo il Signore che, « accettando l'offerta del sacrificio spirituale », faccia « di noi stessi un'offerta eterna» [32].

Liturgia e pii esercizi
13. I « pii esercizi » del popolo cristiano, purché siano conformi alle leggi e alle norme della Chiesa, sono vivamente raccomandati, soprattutto quando si compiono per mandato della Sede apostolica. Di speciale dignità godono anche quei « sacri esercizi » delle Chiese particolari che vengono compiuti per disposizione dei vescovi, secondo le consuetudini o i libri legittimamente approvati. Bisogna però che tali esercizi siano regolati tenendo conto dei tempi liturgici e in modo da armonizzarsi con la liturgia; derivino in qualche modo da essa e ad essa introducano il popolo, dal momento che la liturgia è per natura sua di gran lunga superiore ai pii esercizi.

II. Necessità di promuovere l'educazione liturgica e la partecipazione attiva

14. È ardente desiderio della madre Chiesa che tutti i fedeli vengano formati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo cristiano, « stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo acquistato » (1 Pt 2,9; cfr 2,4-5), ha diritto e dovere in forza del battesimo. A tale piena e attiva partecipazione di tutto il popolo va dedicata una specialissima cura nel quadro della riforma e della promozione della liturgia. Essa infatti è la prima e indispensabile fonte dalla quale i fedeli possono attingere il genuino spirito cristiano, e perciò i pastori d'anime in tutta la loro attività pastorale devono sforzarsi di ottenerla attraverso un'adeguata formazione. Ma poiché non si può sperare di ottenere questo risultato, se gli stessi pastori d'anime non saranno impregnati, loro per primi, dello spirito e della forza della liturgia e se non ne diventeranno maestri, è assolutamente necessario dare il primo posto alla formazione liturgica del clero. Pertanto il sacro Concilio ha stabilito quanto segue.

Gli insegnanti di liturgia
15. Coloro che vengono destinati all'insegnamento della sacra liturgia nei seminari, negli studentati religiosi e nelle facoltà teologiche devono ricevere una speciale formazione per tale compito in istituti a ciò destinati.

L'insegnamento della liturgia
16. Nei seminari e negli studentati religiosi la sacra liturgia va computata tra le materie necessarie e più importanti e, nelle facoltà teologiche, tra le materie principali; inoltre va insegnata sia sotto l'aspetto teologico che sotto l'aspetto storico, spirituale, pastorale e giuridico. A loro volta i professori delle altre materie, soprattutto della teologia dommatica, della sacra Scrittura, della teologia spirituale e pastorale abbiano cura di mettere in rilievo, secondo le intrinseche esigenze di ogni disciplina, il mistero di Cristo e la storia della salvezza, in modo che la loro connessione con la liturgia e l'unità della formazione sacerdotale risulti chiara.

Formazione liturgica dei chierici
17. Nei seminari e nelle case religiose i chierici ricevano una formazione spirituale a sfondo liturgico, mediante una opportuna iniziazione che li metta in grado di penetrare il senso dei sacri riti e di prendervi parte con tutto il loro animo, mediante la celebrazione stessa dei sacri misteri e mediante altre pratiche di pietà imbevute di spirito liturgico. Parimenti imparino ad osservare le leggi liturgiche, di modo che la vita dei seminari e degli istituti religiosi sia profondamente permeata di spirito liturgico.

Aiuto ai sacerdoti
18. I sacerdoti, sia secolari che religiosi, che già lavorano nella vigna del Signore, vengano aiutati con tutti i mezzi opportuni a penetrare sempre più il senso di ciò che compiono nelle sacre funzioni, a vivere la vita liturgica e a condividerla con i fedeli loro affidati.

Formazione liturgica dei fedeli
19. I pastori d'anime curino con zelo e con pazienza la formazione liturgica, come pure la partecipazione attiva dei fedeli, sia interna che esterna, secondo la loro età, condizione, genere di vita e cultura religiosa. Assolveranno così uno dei principali doveri del fedele dispensatore dei misteri di Dio. E in questo campo cerchino di guidare il loro gregge non solo con la parola ma anche con l'esempio.

Liturgia e mezzi audiovisivi
20. Le trasmissioni radiofoniche e televisive di funzioni sacre, specialmente se si tratta della santa messa, siano fatte con discrezione e decoro, sotto la direzione e la garanzia di persona competente, destinata a tale ufficio dai vescovi.

III. La riforma della sacra liturgia

21. Perché il popolo cristiano ottenga più sicuramente le grazie abbondanti che la sacra liturgia racchiude, la santa madre Chiesa desidera fare un'accurata riforma generale della liturgia. Questa infatti consta di una parte immutabile, perché di istituzione divina, e di parti suscettibili di cambiamento, che nel corso dei tempi possono o addirittura devono variare, qualora si siano introdotti in esse elementi meno rispondenti alla intima natura della liturgia stessa, oppure queste parti siano diventate non più idonee. In tale riforma l'ordinamento dei testi e dei riti deve essere condotto in modo che le sante realtà che essi significano, siano espresse più chiaramente e il popolo cristiano possa capirne più facilmente il senso e possa parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria. A tale scopo il sacro Concilio ha stabilito le seguenti norme di carattere generale.

A) Norme generali
L'ordinamento liturgico compete alla gerarchia

22. Regolare la sacra liturgia compete unicamente all'autorità della Chiesa, la quale risiede nella Sede apostolica e, a norma del diritto, nel vescovo.
In base ai poteri concessi dal diritto, regolare la liturgia spetta, entro limiti determinati, anche alle competenti assemblee episcopali territoriali di vario genere legittimamente costituite.
Di conseguenza assolutamente nessun altro, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica.

Sana tradizione e legittimo progresso
23. Per conservare la sana tradizione e aprire nondimeno la via ad un legittimo progresso, la revisione delle singole parti della liturgia deve essere sempre preceduta da un'accurata investigazione teologica, storica e pastorale. Inoltre devono essere prese in considerazione sia le leggi generali della struttura e dello spirito della liturgia, sia l'esperienza derivante dalle più recenti riforme liturgiche e dagli indulti qua e là concessi. Infine non si introducano innovazioni se non quando lo richieda una vera e accertata utilità della Chiesa, e con l'avvertenza che le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche maniera, da quelle già esistenti. Si evitino anche, per quanto è possibile, notevoli differenze di riti tra regioni confinanti.

Bibbia e liturgia
24. Nella celebrazione liturgica la sacra Scrittura ha una importanza estrema. Da essa infatti si attingono le letture che vengono poi spiegate nell'omelia e i salmi che si cantano; del suo afflato e del suo spirito sono permeate le preghiere, le orazioni e i carmi liturgici; da essa infine prendono significato le azioni e i simboli liturgici. Perciò, per promuovere la riforma, il progresso e l'adattamento della sacra liturgia, è necessario che venga favorito quel gusto saporoso e vivo della sacra Scrittura, che è attestato dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali.

Revisione dei libri liturgici
25. I libri liturgici siano riveduti quanto prima, servendosi di persone competenti e consultando vescovi di diversi paesi del mondo.

B) Norme derivanti dalla natura gerarchica e comunitaria della liturgia

26. Le azioni liturgiche non sono azioni private ma celebrazioni della Chiesa, che è «sacramento dell'unità », cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei vescovi [33]. Perciò tali azioni appartengono all'intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano; ma i singoli membri vi sono interessati in diverso modo, secondo la diversità degli stati, degli uffici e della partecipazione effettiva.

Preferire la celebrazione comunitaria
27. Ogni volta che i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria caratterizzata dalla presenza e dalla partecipazione attiva dei fedeli, si inculchi che questa è da preferirsi, per quanto è possibile, alla celebrazione individuale e quasi privata. Ciò vale soprattutto per la celebrazione della messa benché qualsiasi messa abbia sempre un carattere pubblico e sociale e per l'amministrazione dei sacramenti.

Dignità della celebrazione liturgica
28. Nelle celebrazioni liturgiche ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il proprio ufficio si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza.

Educazione allo spirito liturgico
29. Anche i ministranti, i lettori, i commentatori e i membri della « schola cantorum » svolgono un vero ministero liturgico. Essi perciò esercitino il proprio ufficio con quella sincera pietà e con quel buon ordine che conviene a un così grande ministero e che il popolo di Dio esige giustamente da essi. Bisogna dunque che tali persone siano educate con cura, ognuna secondo la propria condizione, allo spirito liturgico, e siano formate a svolgere la propria parte secondo le norme stabilite e con ordine.

Partecipazione attiva dei fedeli
30. Per promuovere la partecipazione attiva, si curino le acclamazioni dei fedeli, le risposte, il canto dei salmi, le antifone, i canti, nonché le azioni e i gesti e l'atteggiamento del corpo. Si osservi anche, a tempo debito, un sacro silenzio.
31. Nella revisione dei libri liturgici si abbia cura che le rubriche tengano conto anche delle parti dei fedeli.

Liturgia e condizioni sociali
32. Nella liturgia, tranne la distinzione che deriva dall'ufficio liturgico e dall'ordine sacro, e tranne gli onori dovuti alle autorità civili a norma delle leggi liturgiche, non si faccia alcuna preferenza di persone private o di condizioni sociali, sia nelle cerimonie sia nelle solennità esteriori.

C) Norme derivanti dalla natura didattica e pastorale della liturgia

33. Benché la sacra liturgia sia principalmente culto della maestà divina, tuttavia presenta anche un grande valore pedagogico per il popolo credente [34]. Nella liturgia, infatti, Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il suo Vangelo; il popolo a sua volta risponde a Dio con il canto e con la preghiera. Anzi, le preghiere rivolte a Dio dal sacerdote che presiede l'assemblea nel ruolo di Cristo, vengono dette a nome di tutto il popolo santo e di tutti gli astanti. Infine, i segni visibili di cui la sacra liturgia si serve per significare le realtà invisibili, sono stati scelti da Cristo o dalla Chiesa. Perciò non solo quando si legge « ciò che fu scritto a nostra istruzione » (Rm 15,4) ma anche quando la Chiesa prega o canta o agisce, la fede dei partecipanti è alimentata, le menti sono elevate verso Dio per rendergli un ossequio ragionevole e ricevere con più abbondanza la sua grazia. Pertanto, nell'attuazione della riforma, si tenga conto delle seguenti norme generali.

Semplicità e decoro dei riti
34. I riti splendano per nobile semplicità; siano trasparenti per il fatto della loro brevità e senza inutili ripetizioni; siano adattati alla capacità di comprensione dei fedeli né abbiano bisogno, generalmente, di molte spiegazioni.

Bibbia, predicazione e catechesi liturgica
35. Affinché risulti evidente che nella liturgia rito e parola sono intimamente connessi:
1) Nelle sacre celebrazioni si restaurerà una lettura della sacra Scrittura più abbondante, più varia e meglio scelta.
2) Il momento più adatto per la predicazione, che fa parte dell'azione liturgica, nella misura in cui il rito lo permette, sia indicato anche nelle rubriche e il ministero della parola sia adempiuto con fedeltà e nel debito modo. La predicazione poi attinga anzitutto alle fonti della sacra Scrittura e della liturgia, poiché essa è l'annunzio delle mirabili opere di Dio nella storia della salvezza, ossia nel mistero di Cristo, mistero che è in mezzo a noi sempre presente e operante, soprattutto nelle celebrazioni liturgiche.
3) Si cerchi anche di inculcare in tutti i modi una catechesi più direttamente liturgica; negli stessi riti siano previste, quando necessario, brevi didascalie composte con formule prestabilite o con parole equivalenti e destinate a essere recitate dal sacerdote o dal ministro competente nei momenti più opportuni.
4) Si promuova la celebrazione della parola di Dio, alla vigilia delle feste più solenni, in alcune ferie dell'avvento e della quaresima, nelle domeniche e nelle feste, soprattutto nei luoghi dove manca il sacerdote; nel qual caso diriga la celebrazione un diacono o altra persona delegata dal vescovo.

Latino e lingue nazionali nella liturgia
36.
L'uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini.
Dato però che, sia nella messa che nell'amministrazione dei sacramenti, sia in altre parti della liturgia, non di rado l'uso della lingua nazionale può riuscire di grande utilità per il popolo, si conceda alla lingua nazionale una parte più ampia, specialmente nelle letture e nelle ammonizioni, in alcune preghiere e canti, secondo le norme fissate per i singoli casi nei capitoli seguenti.
In base a queste norme, spetta alla competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all'art. 22- 2 (consultati anche, se è il caso, i vescovi delle regioni limitrofe della stessa lingua) decidere circa l'ammissione e l'estensione della lingua nazionale. Tali decisioni devono essere approvate ossia confermate dalla Sede apostolica.
La traduzione del testo latino in lingua nazionale da usarsi nella liturgia deve essere approvata dalla competente autorità ecclesiastica territoriale di cui sopra.

D) Norme per un adattamento all'indole e alle tradizioni dei vari Popoli

37. La Chiesa, quando non è in questione la fede o il bene comune generale, non intende imporre, neppure nella liturgia, una rigida uniformità; rispetta anzi e favorisce le qualità e le doti di animo delle varie razze e dei vari popoli. Tutto ciò poi che nel costume dei popoli non è indissolubilmente legato a superstizioni o ad errori, essa lo considera con benevolenza e, se possibile, lo conserva inalterato, e a volte lo ammette perfino nella liturgia, purché possa armonizzarsi con il vero e autentico spirito liturgico.

38. Salva la sostanziale unità del rito romano, anche nella revisione dei libri liturgici si lasci posto alle legittime diversità e ai legittimi adattamenti ai vari gruppi etnici, regioni, popoli, soprattutto nelle missioni; e sarà bene tener opportunamente presente questo principio nella struttura dei riti e nell'ordinamento delle rubriche.

39. Entro i limiti stabiliti nelle edizioni tipiche dei libri liturgici, spetterà alla competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all'art. 22 - 2, determinare gli adattamenti, specialmente riguardo all'amministrazione dei sacramenti, ai sacramentali, alle processioni, alla lingua liturgica, alla musica sacra e alle arti, sempre però secondo le norme fondamentali contenute nella presente costituzione.

Progressivo adattamento liturgico
40. Dato però che in alcuni luoghi e particolari circostanze si rende urgente un più profondo adattamento della liturgia, che per conseguenza è più difficile:
1) Dalla competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all'art. 22 - 2, venga preso in esame, con attenzione e prudenza, ciò che dalle tradizioni e dall'indole dei vari popoli può opportunamente essere ammesso nel culto divino. Gli adattamenti ritenuti utili o necessari vengano proposti alla Sede apostolica, per essere introdotti col suo consenso.
2) Affinché poi l'adattamento sia fatto con la necessaria cautela, la Sede apostolica darà facoltà, se è il caso, alla medesima autorità ecclesiastica territoriale di permettere e dirigere, presso alcuni gruppi a ciò preparati e per un tempo determinato, i necessari esperimenti preliminari.
3) Poiché in materia di adattamento, di solito le leggi liturgiche comportano difficoltà particolari soprattutto nelle missioni, nel formularle si ricorra a persone competenti in materia.

IV. La vita liturgica nella diocesi e nella parrocchia

41. Il vescovo deve essere considerato come il grande sacerdote del suo gregge: da lui deriva e dipende in certo modo la vita dei suoi fedeli in Cristo. Perciò tutti devono dare la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno al vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale, convinti che c'è una speciale manifestazione della Chiesa nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri [35].

Vita liturgica parrocchiale
42. Poiché nella sua Chiesa il vescovo non può presiedere personalmente sempre e ovunque l'intero suo gregge, deve costituire necessariamente dei gruppi di fedeli, tra cui hanno un posto preminente le parrocchie organizzate localmente e poste sotto la guida di un pastore che fa le veci del vescovo: esse infatti rappresentano in certo modo la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra. Per questo motivo la vita liturgica della parrocchia e il suo legame con il vescovo devono essere coltivati nell'animo e nell'azione dei fedeli e del clero; e bisogna fare in modo che il senso della comunità parrocchiale fiorisca soprattutto nella celebrazione comunitaria della messa domenicale.

V. L'incremento dell'azione pastorale liturgica

43. Lo zelo per la promozione e il rinnovamento della liturgia è giustamente considerato come un segno dei provvidenziali disegni di Dio sul nostro tempo, come un passaggio dello Spirito Santo nella sua Chiesa; esso imprime una nota caratteristica alla vita della Chiesa stessa, anzi a tutto il modo di sentire e di agire religioso del nostro tempo. Per la qual cosa, per favorire sempre più questa azione pastorale liturgica nella Chiesa, il sacro Concilio stabilisce:

Commissione liturgica nazionale
44. Conviene che la competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all'art. 22 - 2, istituisca una commissione liturgica, la quale si serva dell'aiuto di esperti in liturgia, in musica e arte sacra e in pastorale. La suddetta commissione sia coadiuvata possibilmente da qualche istituto di liturgia pastorale, senza escludere tra i suoi membri, se è utile, la presenza di laici particolarmente esperti in queste materie. Sarà compito della stessa commissione, sotto la guida dell'autorità ecclesiastica territoriale, di cui si è parlato, dirigere l'attività pastorale liturgica nel territorio di sua competenza e promuovere gli studi e i necessari esperimenti ogni volta che si tratti di adattamenti da proporsi alla Sede apostolica.

Commissione liturgica diocesana
45. Parimenti sia costituita nelle singole diocesi la commissione di sacra liturgia allo scopo di promuovere, sotto la guida del vescovo, l'apostolato liturgico. Talvolta può essere opportuno che più diocesi costituiscano una sola commissione per promuovere di comune accordo l'apostolato liturgico.

Altre commissioni
46. Oltre alla commissione di sacra liturgia, siano costituite in ogni diocesi, per quanto possibile, anche le commissioni di musica sacra e di arte sacra. È necessario che queste tre commissioni collaborino tra di loro, anzi talora potrà essere opportuno che formino un unica commissione.

CAPITOLO II
IL MISTERO EUCARISTICO
La messa e il mistero pasquale

47. Il nostro Salvatore nell'ultima cena, la notte in cui fu tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue, onde perpetuare nei secoli fino al suo ritorno il sacrificio della croce, e per affidare così alla sua diletta sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e della sua resurrezione: sacramento di amore, segno di unità, vincolo di carità [36], convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l'anima viene ricolma di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura [37].

Partecipazione attiva dei fedeli alla messa
48. Perciò la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, comprendendolo bene nei suoi riti e nelle sue preghiere, partecipino all'azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente; siano formati dalla parola di Dio; si nutrano alla mensa del corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo la vittima senza macchia, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire se stessi, e di giorno in giorno, per la mediazione di Cristo, siano perfezionati nell'unità con Dio e tra di loro [38], di modo che Dio sia finalmente tutto in tutti.

49. Affinché poi il sacrificio della messa raggiunga la sua piena efficacia pastorale anche nella forma rituale, il sacro Concilio, in vista delle messe celebrate con partecipazione di popolo, specialmente la domenica e i giorni di precetto, stabilisce quanto segue:

Revisione dell'ordinario della messa
50. L'ordinamento rituale della messa sia riveduto in modo che apparisca più chiaramente la natura specifica delle singole parti e la loro mutua connessione, e sia resa più facile la partecipazione pia e attiva dei fedeli.
Per questo i riti, conservata fedelmente la loro sostanza, siano semplificati; si sopprimano quegli elementi che, col passare dei secoli, furono duplicati o aggiunti senza grande utilità; alcuni elementi invece, che col tempo andarono perduti, siano ristabiliti, secondo la tradizione dei Padri, nella misura che sembrerà opportuna o necessaria.

Una più grande ricchezza biblica
51. Affinché la mensa della parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti più largamente i tesori della Bibbia in modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la maggior parte della sacra Scrittura.

L'omelia
52. Si raccomanda vivamente l'omelia, che è parte dell'azione liturgica. In essa nel corso dell'anno liturgico vengano presentati i misteri della fede e le norme della vita cristiana, attingendoli dal testo sacro. Nelle messe della domenica e dei giorni festivi con partecipazione di popolo non si ometta l'omelia se non per grave motivo.

La « preghiera dei fedeli »
53. Dopo il Vangelo e l'omelia, specialmente la domenica e le feste di precetto, sia ripristinata la «orazione comune» detta anche «dei fedeli», in modo che, con la partecipazione del popolo, si facciano speciali preghiere per la santa Chiesa, per coloro che ci governano, per coloro che si trovano in varie necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo [39].

Lingua nazionale e latino nella messa
54. Nelle messe celebrate con partecipazione di popolo si possa concedere una congrua parte alla lingua nazionale, specialmente nelle letture e nella « orazione comune » e, secondo le condizioni dei vari luoghi, anche nelle parti spettanti al popolo, a norma dell'art. 36 di questa costituzione. Si abbia cura però che i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell'ordinario della messa che spettano ad essi. Se poi in qualche luogo sembrasse opportuno un uso più ampio della lingua nazionale nella messa, si osservi quanto prescrive l'art. 40 di questa costituzione.

Comunione sotto le due specie
55. Si raccomanda molto quella partecipazione più perfetta alla messa, nella quale i fedeli, dopo la comunione del sacerdote, ricevono il corpo del Signore con i pani consacrati in questo sacrificio. Fermi restando i principi dottrinali stabiliti dal Concilio di Trento [40], la comunione sotto le due specie si può concedere sia ai chierici e religiosi sia ai laici, in casi da determinarsi dalla sede apostolica e secondo il giudizio del vescovo, come per esempio agli ordinati nella messa della loro sacra ordinazione, ai professi nella messa della loro professione religiosa, ai neofiti nella messa che segue il battesimo.

Unità della messa
56. Le due parti che costituiscono in certo modo la messa, cioè la liturgia della parola e la liturgia eucaristica, sono congiunte tra di loro così strettamente da formare un solo atto di culto. Perciò il sacro Concilio esorta caldamente i pastori d'anime ad istruire con cura i fedeli nella catechesi, perché partecipino a tutta la messa, specialmente la domenica e le feste di precetto.

La concelebrazione
57.
1. La concelebrazione, che manifesta in modo appropriato l'unità del sacerdozio, è rimasta in uso fino ad oggi nella Chiesa, tanto in Oriente che in Occidente. Perciò al Concilio è sembrato opportuno estenderne la facoltà ai casi seguenti:
1• a) al giovedì santo, sia nella messa crismale che nella messa vespertina;
b) alle messe celebrate nei concili, nelle riunioni di vescovi e nei sinodi;
c) alla messa di benedizione di un abate.
2• Inoltre, con il permesso dell'ordinario, a cui spetta giudicare sulla opportunità della concelebrazione:
a) alla messa conventuale e alla messa principale nelle diverse chiese, quando l'utilità dei fedeli non richieda che tutti i sacerdoti presenti celebrino singolarmente;
b) alle messe nelle riunioni di qualsiasi genere di sacerdoti tanto secolari che religiosi.
2. 1• Spetta al vescovo regolare la disciplina della concelebrazione nella propria diocesi;
2• Resti sempre però ad ogni sacerdote la facoltà di celebrare la messa individualmente, purché non celebri nel medesimo tempo e nella medesima chiesa in cui si fa la concelebrazione, e neppure il giovedì santo.

58. Venga redatto un nuovo rito della concelebrazione da inserirsi nel pontificale e nel messale romano.

CAPITOLO III
GLI ALTRI SACRAMENTI E I SACRAMENTALI

Natura dei sacramenti

59. I sacramenti sono ordinati alla santificazione degli uomini, alla edificazione del corpo di Cristo e, infine, a rendere culto a Dio; in quanto segni hanno poi anche un fine pedagogico. Non solo suppongono la fede, ma con le parole e gli elementi rituali la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono; perciò vengono chiamati « sacramenti della fede ». Conferiscono certamente la grazia, ma la loro stessa celebrazione dispone molto bene i fedeli a riceverla con frutto, ad onorare Dio in modo debito e ad esercitare la carità. È quindi di grande importanza che i fedeli comprendano facilmente i segni dei sacramenti e si accostino con somma diligenza a quei sacramenti che sono destinati a nutrire la vita cristiana.

60. La santa madre Chiesa ha inoltre istituito i sacramentali. Questi sono segni sacri per mezzo dei quali, ad imitazione dei sacramenti, sono significati, e vengono ottenuti per intercessione della Chiesa effetti soprattutto spirituali. Per mezzo di essi gli uomini vengono disposti a ricevere l'effetto principale dei sacramenti e vengono santificate le varie circostanze della vita.
61. Così la liturgia dei sacramenti e dei sacramentali offre ai fedeli ben disposti la possibilità di santificare quasi tutti gli avvenimenti della vita per mezzo della grazia divina, che fluisce dal mistero pasquale della passione, morte e resurrezione di Cristo; mistero dal quale derivano la loro efficacia tutti i sacramenti e i sacramentali. E così non esiste quasi alcun uso retto delle cose materiali, che non possa essere indirizzato alla santificazione dell'uomo e alla ode di Dio.

Revisione dei riti sacramentali
62. Ma nel corso dei secoli si sono introdotti nei riti dei sacramenti e dei sacramentali alcuni elementi, che oggi ne rendono meno chiari la natura e il fine; è perciò necessario compiere in essi alcuni adattamenti alle esigenze del nostro tempo, e per questo il sacro Concilio stabilisce quanto segue per una loro revisione.

La lingua
63. Non di rado nell'amministrazione dei sacramenti e dei sacramentali può essere molto utile per il popolo l'uso della lingua nazionale; le sia data quindi una parte maggiore secondo le norme che seguono:
a) nell'amministrazione dei sacramenti e dei sacramentali si può usare la lingua nazionale a norma dell'art. 36;
b) sulla base della nuova edizione del rituale romano la competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all'art. 22 - 2 di questa costituzione, prepari al più presto i rituali particolari adattati alle necessità delle singole regioni, anche per quanto riguarda la lingua; questi rituali saranno usati nelle rispettive regioni dopo la revisione da parte della Sede apostolica. Nel comporre i rituali particolari o speciali collezioni di riti non si omettano le istruzioni poste all'inizio dei singoli riti nel rituale romano, sia quelle pastorali e rubricali, sia quelle che hanno una speciale importanza sociale.

Il catecumenato
64. Si ristabilisca il catecumenato degli adulti diviso in più gradi, da attuarsi a giudizio dell'ordinario del luogo; in questa maniera il tempo del catecumenato, destinato ad una conveniente formazione, potrà essere santificato con riti sacri da celebrarsi in tempi successivi.

Revisione del rito battesimale
65. Nei luoghi di missione sia consentito accogliere, accanto agli elementi propri della tradizione cristiana, anche elementi dell'iniziazione in uso presso ogni popolo, nella misura in cui possono essere adattati al rito cristiano, a norma degli articoli 37-40 di questa costituzione.

66. Siano riveduti entrambi i riti del battesimo degli adulti, sia quello semplice sia quello più solenne connesso con la restaurazione del catecumenato; e sia inserita nel messale romano una messa propria « Nel conferimento del battesimo ».

67. Sia riveduto il rito del battesimo dei bambini e sia adattato alla loro condizione reale. Nel rito stesso siano maggiormente messi in rilievo il posto e i doveri che hanno i genitori e i padrini.

68. Nel rito del battesimo si prevedano certi adattamenti da usarsi a giudizio dell'ordinario del luogo, in caso di gran numero di battezzandi. Si componga pure un « Rito più breve » che possa essere usato, specialmente in terra di missione, dai catechisti e in genere, in pericolo di morte, dai fedeli, quando manchi un sacerdote o un diacono.

69. In luogo del « Rito per supplire le cerimonie omesse su un bambino già battezzato », se ne componga uno nuovo, nel quale si esprima, in maniera più chiara e più consona, che il bambino, battezzato con il rito breve, è già stato accolto nella Chiesa. Si componga pure un rito per coloro che, già validamente battezzati, si convertono alla Chiesa cattolica. In esso si esprima la loro ammissione nella comunione della Chiesa.

70. Fuori del tempo pasquale l'acqua battesimale può essere benedetta nel corso dello stesso rito del battesimo con una apposita formula più breve.

Revisione del rito della cresima
71. Sia riveduto il rito della confermazione, anche perché apparisca più chiaramente l'intima connessione di questo sacramento con tutta l'iniziazione cristiana; perciò è molto conveniente che la recezione di questo sacramento sia preceduta dalla rinnovazione delle promesse battesimali. Quando si ritenga opportuno, la confermazione può essere conferita anche durante la messa; per quanto riguarda invece il rito da usarsi fuori della messa, si prepari una formula che serva da introduzione.

Revisione del rito della penitenza
72. Si rivedano il rito e le formule della penitenza in modo che esprimano più chiaramente la natura e l'effetto del sacramento.

L'unzione degli infermi
73. L'«estrema unzione», che può essere chiamata anche, e meglio, « unzione degli infermi », non è il sacramento di coloro soltanto che sono in fin di vita. Perciò il tempo opportuno per riceverlo ha certamente già inizio quando il fedele, per indebolimento fisico o per vecchiaia, incomincia ad essere in pericolo di morte.

74. Oltre i riti distinti dell'unzione degli infermi e del viatico, si componga anche un « rito continuato », nel quale l'unzione sia conferita al malato dopo la confessione e prima del viatico.

75. Il numero delle unzioni sia riveduto tenendo conto delle diverse situazioni, e le orazioni che accompagnano il rito dell'unzione degli infermi siano adattate in modo da rispondere alle diverse condizioni dei malati che ricevono il sacramento.

Revisione del rito del sacramento dell'ordine
76. Il rito delle ordinazioni sia riveduto quanto alle cerimonie e quanto ai testi.
Le allocuzioni del vescovo, all'inizio di ogni ordinazione o consacrazione, possono essere fatte in lingua nazionale. Nella consacrazione episcopale tutti i vescovi presenti possono imporre le mani.

Revisione del rito del matrimonio
77. Il rito della celebrazione del matrimonio, che si trova nel rituale romano, sia riveduto e arricchito, in modo che più chiaramente venga significata la grazia del sacramento e vengano inculcati i doveri dei coniugi. « Se nella celebrazione del sacramento del matrimonio qualche regione usa altre consuetudini e cerimonie degne di essere approvate, il sacro Concilio desidera vivamente che queste vengano senz'altro conservate » [41]. Inoltre alla competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all'art. 22 - 2 di questa costituzione, viene lasciata facoltà di preparare, a norma dell'articolo 63, un rito proprio che risponda agli usi dei luoghi e dei popoli, fermo però restando l'obbligo che il sacerdote che assiste chieda e riceva il consenso dei contraenti.

78. In via ordinaria il matrimonio si celebri nel corso della messa, dopo la lettura del Vangelo e l'omelia e prima dell' « orazione dei fedeli ». La benedizione della sposa, opportunamente ritoccata così da inculcare ad entrambi gli sposi lo stesso dovere della fedeltà vicendevole, può essere detta nella lingua nazionale. Se poi il sacramento del matrimonio viene celebrato senza la messa, si leggano all'inizio del rito l'epistola e il Vangelo della messa per gli sposi e si dia sempre la benedizione agli sposi.

Revisione dei sacramentali
79. Si faccia una revisione dei sacramentali, tenendo presente il principio fondamentale di una cosciente, attiva e facile partecipazione da parte dei fedeli e avendo riguardo delle necessità dei nostri tempi. Nella revisione dei rituali, da farsi a norma dell'art. 63, si possono aggiungere, se necessario, anche nuovi sacramentali. Le benedizioni riservate siano pochissime e solo a favore dei vescovi o degli ordinari. Si provveda che alcuni sacramentali, almeno in particolari circostanze, e a giudizio dell'ordinario, possano essere amministrati da laici dotati delle qualità convenienti.

La professione religiosa
80. Si sottoponga a revisione il rito della consacrazione delle vergini, che si trova nel pontificale romano. Si componga inoltre un rito per la professione religiosa e la rinnovazione dei voti, che contribuisca ad una maggiore unità, sobrietà e dignità; esso, salvo diritti particolari, dovrà essere adottato da coloro che fanno la professione o la rinnovazione dei voti durante la messa. È cosa lodevole che la professione religiosa si faccia durante la messa.

Revisione dei riti funebri
81. Il rito delle esequie esprima più apertamente l'indole pasquale della morte cristiana e risponda meglio, anche quanto al colore liturgico, alle condizioni e alle tradizioni delle singole regioni.

82. Si riveda il rito della sepoltura dei bambini e sia arricchito di una messa propria.

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